Le decisioni del collegio dei Probiviri del gennaio 1964 Quando Pacciardi venne espulso dal partito Riproduciamo l’articolo della "Voce Repubblicana" di lunedì 27 – martedì 28 gennaio 1964 ove si dà notizia dell’espulsione dal Pri di Randolfo Pacciardi. Il quotidiano del Pri in quell’occasione titolava :"Le decisioni del Collegio dei probiviri. Pacciardi espulso del Pri. Il provvedimento è stato preso all’unanimità ‘per ripetute e gravissime infrazioni alla disciplina’ del partito". Ricordiamo la composizione del Collegio dei probiviri così come risulta dal 28° Congresso del Pri che si tenne a Livorno nel 1962 dal 31 maggio al 3 giugno: avv. Achille Ottolenghi, avv. Piero Valenza, avv. prof. Pasquale Curatola, prof. Nicola Todisco, avv. Cesare Covi (presidente). Supplenti: ing. Riccardo Grassi, prof. Bruno Nediani. Il Collegio Nazionale dei Probiviri del PRI, dopo aver espletato con il massimo scrupolo la procedura prevista dallo Statuto a tutela di chiunque sia sottoposto ad un giudizio disciplinare, ha reso nota la sua decisione sul caso dell’onorevole Pacciardi. Sul merito di questa decisione del massimo organo disciplinare del Partito nessun repubblicano, in ossequio alle regole della democrazia, può avanzare contestazioni o tentare disconoscimenti. Fondamentale, infatti, in ogni ordinamento democratico il rispetto del diritto: ciò vale per i cittadini verso il diritto dello Stato, ma vale altresì per i componenti di ogni ente sociale, nei riguardi delle norme che lo regolano e che essi liberamente accettano quando chiedono di farne parte. Del resto, il Collegio Nazionale dei Probiviri è nel PRI organo di indiscusso prestigio. La sua indipendenza di giudizio è garantita non solo dallo Statuto, ma soprattutto dalla tradizione democratica del PRI e dalla qualità dei componenti del Collegio stesso ai quali i Congressi Nazionali affidano il delicato incarico di giudicare della lealtà dei repubblicani verso il loro Partito. La decisione unanime conferma che il Collegio - il quale ha dato tutte le prove di senso di responsabilità e di misura – ha maturato il convincimento che nessuna altra soluzione era possibile e compatibile con la dignità del Partito. Il Collegio Nazionale dei Probiviri renderà nota la motivazione completa della sua decisione: tuttavia è ormai acquisito per tutti i repubblicani che l’on. Pacciardi, con atti specifici e dichiarazioni, aveva dimostrato di disconoscere le regole essenziali della convivenza democratica dei repubblicani e quindi aveva egli stesso negato, con il suo comportamento, ogni legame con il Partito. Basterà ricordare la sua mancata adesione al gruppo dei deputati repubblicani, le ripetute dichiarazioni di non voler tener conto delle decisioni del Partito nell’espletamento del mandato parlamentare e il voto contrario al governo dell’on. Moro, al quale il PRI aveva assicurato il proprio appoggio, conformemente ad una scelta politica di fondo, sulla quale si erano pronunciati, ciascuno a suo tempo, il Congresso e il Consiglio nazionale, la Direzione e il gruppo parlamentare. Tale comportamento dell’on. Pacciardi è in totale contrasto con lo Statuto Nazionale, fondamento della vita democratica del Partito, il quale nel suo articolo 25 stabilisce: "I parlamentari iscritti al PRI sono, come singoli, sempre tenuti ad osservare la disciplina del Partito e debbono pertanto uniformare la loro condotta al suo indirizzo, nonché alle sue deliberazioni". Ma il comportamento dell’on. Pacciardi è anche in assoluto contrasto con le dichiarazioni da egli stesso più volte rese. Valga per tutte, quanto egli scriveva nel febbraio del 1946 su "La Voce Repubblicana" a conclusione del XVIII Congresso. "Il Partito - si legge testualmente in questo articolo – si è ormai pronunciato e quando il Partito si è pronunciato non esistono più uomini, per quanto amati ed apprezzati. Esiste il Partito: maggioranza e minoranza spariscono davanti alla volontà del Partito che è una". I repubblicani non chiedono certo che spariscano maggioranza e minoranza: essi garantiscono, come sempre la libertà interna nel Partito per tutte le oneste posizioni di riserva o di dissenso. Il Partito non ha mai ignorato e non ignora il significato e l’importanza politica di una minoranza nel suo interno: perciò è grato agli amici che, senza essere da meno nell’attaccamento agli ideali repubblicani, hanno tenuto e tengono questa posizione. Con la decisione dei Probiviri, i repubblicani prendono atto della situazione, né essi hanno ragioni per sottovalutare il passato antifascista e democratico dell’on. Pacciardi. Gli uomini cambiano, il Partito resta. Resta la grande tradizione democratica e sociale del repubblicanesimo italiano, restano i compiti gravosi del momento. I repubblicani sono nel PRI, al posto di responsabilità e di lavoro ad essi indicato da quello che sentono essere il loro dovere politico. |